di Letizia Zavatti
L’obsolescenza programmata è la perdita di efficienza economica subita da un bene in misura superiore a quella derivante dal suo logorio fisico, per effetto del progresso tecnico, dall’evoluzione dei comportamenti, o dalla moda.
Il motore di tale fenomeno è spesso il profitto economico, che induce i produttori a introdurre sul mercato prodotti la cui vita ha durata sempre inferiore, così da indurre i consumatori ad acquistarne di nuovi.
Gli effetti sono quelli tipici di un mercato fondato sulle logiche di un consumo frenetico e convulso e si identificano in un sempre maggiore utilizzo di risorse e produzione di rifiuti. Inutile dire che l’impatto ambientale di tali meccanismi si pone diametralmente in contraddizione con gli obiettivi di transazione verso i modelli di sviluppo sostenibile imposti dalle Direttive Europee del “pacchetto economia circolare” adottate nel 2018.
Ecco che allora, in tale contesto, trova ospitalità il dibattito che vede al centro il tema dell’obsolescenza programmata e che ha condotto, ad oggi, diversi Paesi, tra cui l’Italia, ad introdurre misure volte ad ostacolare tale fenomeno.
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