Il riciclaggio delle navi. La normativa internazionale ed europea contro il “beaching” nel sud-est asiatico

AGGIORNAMENTI


di Giovanna Galassi

Alang in India, Chittagong in Bangladesh, Gadani in Pakistan. Luoghi poverissimi dove la popolazione è impiegata in cantieri infernali, che smantellano navi senza norme di tutela per l’ambiente e di protezione per l’uomo che vi lavora. Questa non è solo storia degli anni 60’. Lo “spiaggiamento” come “alternativa economica” per rottamare le grosse navi esiste ancora oggi, nonostante tutto. Di contro la Convenzione di Hong Kong, che rivendicherebbe criteri e procedure finalizzate a disciplinare la costruzione, la demolizione ed il riciclaggio ecocompatibile in sicurezza delle navi. Ancora, per parlare di ciò che accade in Europa, il Regolamento Ue n. 1257/2013, che stabilisce i siti autorizzati per lo smantellamento delle navi che battono bandiera europea e si pone quale ostacolo formale a che le nostre navi vengano spedite nel sud-est asiatico per essere rottamate. Purtroppo, però, esiste anche il mercato dei cash buyers, che comprano le navi destinate alla demolizione, cambiano bandiera e poi le rivendono al miglior offerente.


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