di Daniele Carissimi
L’annoso dibattito in ordine alla necessità/opportunità del ricorso ad impianti di incenerimento dei rifiuti, come strumento per far fronte alle gestione dei rifiuti solidi urbani, torna ciclicamente alla ribalta dell’attenzione pubblica, anche a seguito dei ricorrenti fatti di cronaca che (troppo spesso) vedono ingenti quantitativi di rifiuti essere dati alle fiamme.
A far da padrone, in tale lotta senza quartiere, sono due contrapposte correnti di pensiero, l’una – più radicata, che affonda le proprie radici in un pregiudizio storico – che vede nella termovalorizzazione un ulteriore motivo di compromissione della qualità dell’aria e dell’ecosistema ambientale in generale, l’altra – più progressista – che invece punta l’attenzione sui benefici connessi alla pratica di waste to energy, quali l’affrancamento dalle fonti petrolifere, la diminuzione dei rifiuti conferiti in discarica, la creazione di fonte di energia sostenibile, la maggiore competitività del settore produttivo, e che quindi tende a conferirgli una nuova dignità.
Fondamentale appare, dunque, garantire un corretto flusso formativo ed informativo, al fine di scardinare gli storici preconcetti ad oggi ancora fortemente radicati.
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