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In data 20 ottobre un ente veniva raggiunto da notifica del verbale del nucleo di polizia economico finanziaria in merito ad accertamenti fiscali occorsi in data 2 settembre sull’imposta sul valore aggiunto, sull’imposta sui redditi e sugli altri tributi.
Dalla verifica compiuta gli agenti accertatori, tra le altre, hanno contestato le violazioni di cui all’art. 2 e 10-quater1 del D.Lgs. 74/2000.
Quanto all’articolo 10-quater questo prevede, al suo comma 1, una sanzione nel caso di compensazione di crediti non spettanti, mentre il successivo comma 2 prevede una sanzione più elevata nel caso in cui siano stati portati in compensazione crediti inesistenti.
Relativamente all’art. 22 del decreto legislativo 74 del 2000 questo sanziona la condotta di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Ebbene l’applicazione del D.Lgs. 231/2001 per reati tributari è argomento molto recente in quanto oggetto sia della Direttiva PIF dell’Unione Europea n.1371/2017 “relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale”, che anche per quanto riguarda il decreto fiscale.
Pertanto, se fino ad ora, l’introduzione di reati tributari all’interno del decreto 231 è sempre stata scongiurata con gli interventi normativi di cui in narrativa gli stessi sembrano diretti effettivamente ad ampliare il decalogo 231.
Ciò posto, con riguardo alla Direttiva PIF ad oggi non risulta ancora recepita nel nostro ordinamento mentre il decreto fiscale (con il quale è intervenuta la costituzione dell’art. 25-quinquesdecies nel decreto 231) entrato in vigore lo scorso 27 ottobre 2019 a seguito di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ed in attesa di conversione in Legge ha già cominciato a dispiegare i suoi effetti.
In ogni caso, sebbene l’art. 2 del D.Lgs. 74/2000 sia stato inserito a far data dal 27 ottobre scorso tra i reati presupposto 231, per il principio di legalità (così come previsto altresì all’interno dell’art. 2 del D.Lgs. 231/2001), non potrà essere elevata alcuna contestazione 231 nei confronti dell’ente per fatti antecedenti l’entrata in vigore di tali reati presupposto.
L’art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000 non è ancora entrato nel decalogo dei reati presupposto di cui al Decreto 231, mentre l’art. 2 del D.Lgs. 74/2000 essendo entrato in vigore successivamente rispetto ai fatti contestati all’ente non potrà comunque comportare l’elevazione di alcuna sanzione 231.
Laddove invece l’accertamento fosse avvenuto successivamente rispetto all’entrata in vigore dell’art. 25-quinquesdecies del D.Lgs. 231/2001 la sanzione pecuniaria corrispondente sarebbe stata per un massimo di 500 quote e pertanto non superiore ad Euro settecentosettantaquattromilacinquecento e non inferiore a venticinquemilaottocento.