Il rilascio dell’autorizzazione allo scarico è un mero adempimento burocratico ed è quindi possibile una sua sanatoria postuma?

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Una società  esercente attività di concia, tintura e finitura di pelli, giustificava la sua condotta di scarico in assenza della prescritta autorizzazione (con conseguente contestazione del reato di cui all’art. 137 comma 2), sostenendo il carattere meramente burocratico dell’autorizzazione, l’occasionalità della condotta di scarico e l’ottenimento, postumo, di detta autorizzazione.

Ci si interroga dunque sulla efficacia sanante dell’autorizzazione postuma.

Il Testo Unico Ambientale (D.Lgs 152/2006) sul punto ci dice che l’autorizzazione allo scarico, presuppone – tra l’altro - il compimento di una serie di adempimenti. Si pensi ad esempio:

all’indicazione delle caratteristiche, anche tecniche, dello scarico (art. 125, comma1);

all’indicazione della sua destinazione finale (art. 125, comma 1);

alla possibilità di stabilire prescrizioni e limiti per particolari tipologie di scarico in presenza di determinate condizioni (art. 124, comma 8);

alla possibilità di stabilire prescrizioni e limiti in relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell’ambiente interessato (art. 124, comma 10);

al necessario versamento di una somma di denaro per l’effettuazione dei controlli e delle verifiche necessarie per l’istruttoria della domanda di autorizzazione (art. 124, comma 11).

Da detti adempimenti  la giurisprudenza – anche più recente – ha tratto la conclusione che lo scopo dell’autorizzazione allo scarico è quello di consentire una preventiva verifica della rispondenza di un’attività, potenzialmente pericolosa,  ai dettami ambientali. E ciò è tanto vero che la suddetta preventiva verifica deve comprendere non solo quelle situazioni di pericolo reale per la salute e per l’ambiente, ma anche per qualsivoglia  alterazione capace di incidere negativamente sui beni naturali o anche semplicemente sull’uso che di essi se ne fa (Cfr. Cass. Pen. Sez. III, Sent., 15 marzo 2019, n. 11518).

Ne discende a sua volta che – proprio in ragione di detta finalità – deve escludersi che il rilascio di un’autorizzazione postuma possa avere efficacia sanante della violazione.

In altre parole, nel settore ambientale, l’autorizzazione svolge non solo una funzione abilitativa, cioè di rimozione di un ostacolo all’esercizio di alcune facoltà, ma assume anche un ruolo di controllo del rispetto della normativa e dei correlati standard e consente il cosiddetto monitoraggio ecologico, sicchè la mancanza di detto provvedimento incide su alcuni interessi protetti dal precetto penale.

Pertanto l’omessa valutazione della P.A. impedisce quella conoscenza ed informazione ambientale e quel controllo sull’attività cui sono deputati il procedimento autorizzatorio e le relative sanzioni non possono essere evitate con l’ottenimento di un’autorizzazione postuma (Conforme Cass. Pen Sez. III, n. 56281 del 24 ottobre 2017).

Allo stesso modo, secondo i sopra citati orientamenti giurisprudenziali, non assumono alcuna validità taciti assensi o illegittime prassi eventualmente applicate dalle amministrazioni competenti.

D’altronde a dimostrazione del particolare rilievo attribuito alle esigenze di salvaguardia dell’ambiente e l’interesse del legislatore ad un accurato controllo degli scarichi si pone non soltanto dalla complessità del procedimento amministrativo finalizzato al rilascio del titolo abilitativo, ma anche dalla previsione di una efficacia temporale dello stesso e di un periodico rinnovo.

In conclusione si può affermare che la finalità dell’autorizzazione non è soltanto quella di permettere l’apertura e l’effettuazione dello scarico, ma anche di porre l’amministrazione competente nelle condizioni di verificare la sussistenza delle condizioni di legge per il rilascio del titolo abilitativo ed effettuare ogni necessaria attività di controllo e prevenzione, con la conseguenza che l’ottenimento di una autorizzazione postuma, non elimina l’offensività della condotta di scarico in assenza dell’autorizzazione e quindi non può considerarsi come condotta riparatoria.

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