I fanghi di depurazione prodotti durante il trattamento congiunto, in un impianto di depurazione, di acque reflue di origine industriale e domestica o urbana e inceneriti in un impianto di incenerimento di materiali residui ai fini del recupero di energia

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La dicotomia fanghi – rifiuti, benché l’art. 127 TUA preveda espressamente l’assoggettamento degli uni alla disciplina degli altri ove applicabile, ha lungamente impegnato la giurisprudenza, chiamata a pronunciarsi su questioni annose, a titolo esemplificativo si cita l’individuazione del momento in cui i fanghi acquistano la qualifica di rifiuti.

Non sorprende, quindi, che i chiarimenti in merito al quesito in esame siano stati forniti da organi giurisdizionali e, precisamente, dalla Corte di Giustizia, in una recente pronuncia.

Ciò posto, al fine di rispondere in maniera esaustiva, è necessario esaminare se le sostanze oggetto del quesito possono essere qualificate come rifiuto, ossia se rientrano nella sfera di applicazione della direttiva 2008/98/CE.

Al riguardo è necessario scindere le acque reflue e i fanghi esitanti dal loro trattamento. In merito alle prime, l’art. 2 della direttiva sui rifiuti esclude dal suo ambito di applicazione le acque reflue, ad eccezione dei rifiuti liquidi, purché siano contemplate da altra normativa del diritto europeo, la quale contenga disposizioni puntuali dirette ad organizzarne la gestione come rifiuti ai sensi dell’art. 3, punto 1, della direttiva 2008/98/CE.

È necessario, quindi, che la diversa normativa garantisca un livello di tutela almeno equivalente a quello che risulta dalla direttiva sui rifiuti e ciò non è assicurato dalla direttiva 91/271, relativa al trattamento delle acque reflue urbane. Parimenti si ritiene che non possano applicarsi le disposizioni della direttiva 86/278 che regola precisamente l’impiego dei fanghi in agricoltura.

Pertanto, si conclude che le acque reflue non sono escluse dalla sfera di applicazione della direttiva madre sui rifiuti. Alla disciplina della direttiva 2008/98, inoltre, sono soggetti sicuramente i fanghi, non previsti nel summenzionato art. 2.

Nel caso sottoposto ai giudici della Corte di Giustizia, i fanghi di depurazione, prodotti dal trattamento congiunto delle acque reflue di origine industriale e, in minima parte, di origine domestica o urbana, a seguito della disidratazione meccanica, venivano impiegati in un impianto di incenerimento di materiali residui ai fini del recupero di energia mediante produzione di vapore.

Al riguardo è necessario specificare che le acque reflue di origine domestica o urbana devono essere considerate come sostanze di cui di cui il loro detentore si è disfatto. Pertanto, posto che dette acque non sono separabili, anche le acque reflue di origine industriali devono essere considerate come sostanze di cui il detentore intende disfarsi e, di conseguenza, rifiuti.

I fanghi generati dalla depurazione, quindi, sono un rifiuto esitante dal trattamento delle summenzionate acque reflue. È possibile ritenere, quindi, che ancor prima dell’incenerimento detti fanghi abbiamo perso la qualifica di rifiuto, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2008/98, in quanto sottoposti ad un’operazione di recupero o riciclaggio.

Nel caso in cui, invece, l’incenerimento integrasse un’operazione di recupero relativa ai fanghi, quest’ultimi dovrebbero ancora considerarsi rifiuti. A tal fine è necessario che siano rispettate le condizioni di cui all’art. 6 della direttiva 2008/98, ossia che:

 la sostanza o l’oggetto è destinata/o a essere utilizzata/o per scopi specifici;

 esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

 la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; e

 l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

In conclusione, è possibile concludere che fanghi di depurazione prodotti durante il trattamento congiunto, in un impianto di depurazione, di acque reflue di origine industriale e domestica o urbana e successivamente  inceneriti in un impianto di incenerimento di materiali residui ai fini del recupero di energia non devono essere qualificati rifiuti, qualora siano rispettate le condizioni dell’art. 6 della direttiva 2008/98, ossia le condizione per l’EoW.

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