I Comuni possono assimilare i rifiuti speciali agli urbani fin tanto che non venga emanato il decreto statale sull’assimilazione: quale è il fondamento giuridico?

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La Cassazione1 in una recentissima ordinanza riconosce il potere regolamentare dei Comuni di assimilare i rifiuti speciali agli urbani, ai fini della tassazione sui rifiuti, fin tanto che non venga emanato il decreto statale sull’assimilazione e ne spiega il fondamento giuridico con un articolato ragionamento.

Ai sensi dell’art. 195, comma 2 lett. e)2 è di competenza statale la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani.

Tuttavia, l’art. 265, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, recita che “Le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto il recupero e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all’adozione delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione della parte quarta del presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, le pubbliche amministrazioni, Corte di Cassazione - copia non ufficiale nell’esercizio delle rispettive competenze, adeguano la previgente normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto, nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 264, comma 1, lettera i). Ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi”.

L’articolo 264, comma 1, lettera i), dispone inoltre, alla luce dell’abrogazione del d.lgs. n. 22 del 1997 a decorrere dalla data di entrata in vigore della parte quarta del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006, che “Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del citato decreto legislativo 5febbraio 1997, n. 22, continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto”.

Di qui la Cassazione ritiene che l’articolo 195, comma 2, lettera e), non può, perciò, in virtù di disposizioni dotate anch’esse di forza di legge, divenire operativo in assenza del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, adottato d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, il quale è finalizzato a definire “i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani” ed è menzionato nello stesso articolo 195”.

Pertanto, continua a sussistere il potere regolamentare dei Comuni di assimilare a quelli urbani i rifiuti speciali, che era stato mantenuto fermo dall’articolo 21, comma 2, lettera g)3, del d.lgs. n. 22 del 1997.

In conclusione la Cassazione riconosce il potere regolamentare dei Comuni nelle more dell’emanazione del decreto statale sull’assimilazione di assimilare i rifiuti speciali agli urbani, il cui fondamento si ritrova nel ragionamento suesposto.


1 Cass. civ. del 18 gennaio 2019, n. 1344.

2 Art. 195, comma 2 lett. e): “ la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del mare, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani”.

3 Art. 21, comma 2 lett. g): “ l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati ai sensi dell’articolo 18, comma 2, lettera d). Sono comunque considerati rifiuti urbani, ai fini della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade ovvero, di qualunque natura e provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle strade marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua”.

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