Al titolare di un impianto regolarmente autorizzato alla gestione dei rifiuti, può essere ascritta la responsabilità per gestione non autorizzata (ex art. 256 TUA), per avere accettato rifiuti da soggetto non iscritto all’Albo?

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Come noto, secondo il principio - consolidato e granitico - della responsabilità condivisa, la responsabilità nella gestione dei rifiuti incombe su tutti i soggetti coinvolti nella filiera (produzione, detenzione, trasporto e smaltimento), in quanto detti soggetti sono parimenti investiti di una posizione di garanzia in relazione alla corretta gestione.

Per questi motivi il titolare di un impianto di destinazione, secondo una recentissima sentenza della Suprema Corte1, non può ritenersi estraneo alla fattispecie di cui all’art. 256 DLgs 15/2006 per gestione non autorizzata dei rifiuti, avendo accettato ed ingressato in impianto, rifiuti trasportati da soggetto non regolarmente iscritto all’Albo Nazionale Gestori Ambientali.

Nel caso trattato, la  condotta del destinatario del rifiuto non è direttamente collocabile in alcuna di quelle tipizzate dalla norma al comma 1, essendo infatti l’impianto, regolarmente autorizzato all’esercizio della gestione dei rifiuti.

Ciò nonostante, secondo la Corte, in capo al destinatario del rifiuto è ascrivibile una responsabilità penale per non avere ottemperato a un obbligo di controllo circa la regolarità dell’iscrizione all’Albo del trasportatore da cui ha ricevuto i rifiuti.

L’assunto si fonda appunto sul principio della responsabilità condivisa dei vari soggetti che intervengono nella filiera del rifiuto “dalla culla alla tomba”, ossia dal momento della sua produzione al momento della sua “eliminazione” tramite smaltimento o recupero.

Trattasi di una responsabilità estesa, che si estende, appunto, al di fuori dell’adempimento del singolo operatore. Il rapporto tra i soggetti coinvolti nella filiera, in ordine alla responsabilità estesa,  non deve essere inteso solo per le attività successive, ma altresì per quelle precedenti (estensione ascendente), sulla base del sistema del Testo unico ambientale che prevede una una “sommatoria di posizioni, in quanto volto ad escludere ogni possibilità di trasferimento a terzi dei propri obblighi da parte di ciascun soggetto coinvolto nella gestione dei rifiuti”.

A tutti gli operatori spetta quindi “il dovere generico di controllare il regolare svolgimento delle fasi, sia antecedenti che successive, a quella svolta”.

“Occorre tener conto, infatti, dei principi generali di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo afferente alla gestione dei rifiuti, ai sensi del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 178 e 188, e più in generale dei principi dell’ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al principio comunitario “chi inquina paga”, di cui all’art. 174, par. 2, del trattato, e alla necessità di assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente, esigenza su cui si fonda, appunto, l’estensione della posizione di garanzia in capo ai soggetti in questione (tra le tante, v., nella giurisprudenza amministrativa: T.A.R. Venezia, sez. 3, 24/11/2009, n. 2968).

Del resto, prosegue la Corte, nell’argomentare sulla responsabilità del destinatario, una siffatta responsabilità è già insita nel concetto e nella responsabilità del detentore, che ricomprende “tutti i soggetti che svolgono attività di raccolta, di trasporto, di recupero, di smaltimento, di intermediazione e di commercio dei rifiuti”.

La responsabilità penale per attività di gestione dei rifiuti non autorizzata, è ascrivibile anche in capo al destinatario che abbia accettato dei rifiuti senza avere preventivamente verificato in capo al trasportatore il possesso della necessaria iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientale.


1 Cass. pen. Sez. III, Sent. del 14-02-2020, n. 5912.

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