Sono sempre di più i Comuni che aderiscono al sistema di tariffazione puntuale (cosiddetta Tarip), come dimostrato dalle numerose notizie apparse recentemente sui giornali.
Con il passaggio alla Tarip, infatti, viene abbandonato il calcolo del “quanto si deve pagare”, basato sulla produzione media pro-capite di rifiuti o sulla superficie/destinazione d’uso dell’immobile, in favore di uno basato sulla quantità di rifiuti che effettivamente si produce.
Con la Tarip, dunque, si paga in proporzione a quanto si inquina (ossia alla quantità di rifiuti che si produce). Con una precisazione: rimane fermo il calcolo della quota fissa della tariffa.
Storicamente, infatti, la tariffa sui rifiuti si articola in una quota fissa – legata ai costi del servizio di gestione dei rifiuti – e in una quota variabile, fino ad ora legata ad indici presuntivi (come la produzione media di rifiuti e la superficie della casa). Ebbene, mentre la prima rimane così come è, con la nuova Tarip si va ad incidere sulla seconda, eliminando i sistemi di calcolo presuntivi e introducendo sistemi di misurazione appunto puntuali.
Il DM 20 aprile 2017, che si occupa per l’appunto di disciplinare detto sistema, ha in particolare precisato che la misurazione puntuale può essere realizzata:
- a peso (cosiddetta misurazione diretta), ossia sommando il peso dei conferimenti registrati espressi in chili;
- o a volume (cosiddetta misurazione indiretta), ossia prendendo in considerazione il volume del contenitore o la capacità del sacchetto forniti o adoperati per il conferimento.
La misurazione puntuale poi, deve avere in oggetto il rifiuto urbano residuo (potendo tuttavia essere estesa dai singoli Comuni anche ad altre frazioni o flussi di rifiuti) e presuppone precise modalità di identificazione dell’utenza (es. attraverso l’attribuzione di un codice utenza).
Ma se si è un condominio?
In tal caso la norma parla di “utenze aggregate” e - data l’impossibilità o la difficoltà tecnica di procedere ad una suddivisione tra i singoli nuclei abitativi - prevede criteri di calcolo specifici, ad esempio rapportati al numero dei componenti del nucleo familiare.
Innumerevoli, dunque, i vantaggi connessi alla tariffazione puntuale. Allora perché non tutti i Comuni vi hanno aderito?
Innanzitutto, perché è necessario un investimento iniziale non indifferente, per la realizzazione del nuovo sistema di rilevazione (in termini di adeguamento dei mezzi, di sistemi di pesatura e di dispositivi di identificazione dell’utenza).
In secondo luogo in quanto a tali costi devono aggiungersi quelli relativi a possibili modifiche dei servizi di raccolta e quelli connessi ai costi annuali di elaborazione dei dati (letture, gestione anagrafica utenze, variazioni/cessazioni, ecc.) necessari per implementare la Tariffa Puntuale.
Rimangono poi le perplessità legate all’effettivo rispetto del principio del “chi inquina paga” per le utenze aggregate, i cui nuovi sistemi di calcolo (basati sul numero dei componenti del nucleo abitativo) si avvicinano pericolosamente a quegli indici presuntiviche si è voluto eliminare proprio con la Tarip. Inoltre, si rischia il moltiplicarsi dei fenomeni di abbandono, se il sistema viene progettato e implementato in modo inadeguato.
Nulla però che non possa essere superato con un periodo di rodaggio e con l’incremento di capillari controlli su tutto il territorio.
Avanti dunque! Ogni adeguamento richiede un sacrificio, ma a conti fatti, perché pagare di più quando a lungo andare si può pagare di meno?!