Responsabilità 231 e reati presupposto commessi da società estere: cosa dice la Cassazione

EDITORIALE, 28/09/2021

Una Società estera può essere chiamata a rispondere ai sensi della disciplina 231 per un reato presupposto commesso nel territorio italiano?

A fornire un chiarimento sulla questione, sebbene incardinata in un quadro ben più ampio, ha contribuito la Corte di Cassazione, che il 6 settembre 2021 ha pubblicato i motivi della sentenza 32899/2021, relativa al disastro ferroviario di Viareggio in cui persero la vita 32 persone mentre un centinaio rimasero gravemente ferite.

Dei suddetti gravissimi eventi, infatti, sono state chiamate a rispondere numerose persone fisiche, nonché diverse Società di capitali, imputate ai sensi dell’art. 25-septies del d. lgs. 231 del 2001 “omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla tutela e sicurezza sul lavoro”, per le lesioni personali colpose o omicidi colposi, aggravati dalla violazione di norme per la prevenzione degli infortuni, commessi dai propri esponenti.

All’esito dei due gradi di giudizio nel merito, le Società, fra cui società straniere, sono state condannate ai sensi del suddetto art. 25-septies del decreto 231.

Le Società estere, tuttavia, hanno presentato ricorso in Cassazione sostenendo, fra gli altri motivi, l’inapplicabilità della normativa 231 a Società prive di sede principale o secondaria o operativa nel territorio dello stato Italiano e offrendo lo spunto, quindi, per trattare un tema ancora poco dibattuto, ovvero quello della sussistenza della giurisdizione italiana per i reati presupposto 231 commessi da Società con sede all’estero.

Nello specifico, nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto non sussistente, per le Società straniere, il reato presupposto di cui all’art. 25-septies del decreto 231, intendendo annullare senza rinvio la sentenza di secondo grado.

Tuttavia, allo scopo di pronunciarsi in tal senso ha dovuto affrontare la questione pregiudiziale della giurisdizione nazionale circa i fatti imputati alle Società estere nel disastro ferroviario di Viareggio.

Ebbene, la Suprema Corte, allo scopo di dirimere la questione, innanzitutto ha fatto richiamo all’unico precedente giurisprudenziale emanato in materia e dato dalla Sentenza n. 11626 del 11 febbraio 2020, facendone proprio il principio che vi  è stato affermato secondo cui: “la persona giuridica è chiamata a rispondere dell'illecito amministrativo derivante da un reato-presupposto per il quale sussista la giurisdizione nazionale commesso dai propri legali rappresentanti o soggetti sottoposti all'altrui direzione o vigilanza, in quanto l'ente è soggetto all'obbligo di osservare la legge italiana e, in particolare, quella penale, a prescindere dalla sua nazionalità o dal luogo ove esso abbia la propria sede legale ed indipendentemente dall'esistenza o meno nel Paese di appartenenza di norme che disciplino in modo analogo la medesima materia anche con riguardo alla predisposizione e all'efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione atti ad impedire la commissione di reati fonte di responsabilità amministrativa dell'ente stesso”.

Gli Ermellini, inoltre, in risposta alle tesi difensive secondo cui non è corretto richiedere a enti stranieri l'adozione di un sistema organizzativo come quello delineato dal D.Lgs. 231 del 2001, quando un tale obbligo non sia previsto dal loro ordinamento nazionale, ha affermato che "la colpa di organizzazione non si identifica con l'assenza del modello … di modo che la mancanza di tale documento non è di ostacolo all'esclusione di una colpa di organizzazione quando l'organizzazione diligente sia in altro modo dimostrata", attraverso il rispetto ad esempio delle regole cautelari necessarie,

Secondo la decisione in commento, infatti, "non è pertinente evocare il fatto che le regole cautelari da rispettare fossero appartenenti ad un ordinamento diverso dal proprio in quanto, per escludere la propria responsabilità, ciò non è sufficiente dato che quel che rileva è che siano riconosciute dal consesso sociale come efficaci per la gestione del rischio di cui si tratta". In conclusione, quindi, la sentenza impugnata di fronte alla Suprema Corte è stata annullata senza rinvio nei confronti delle Società straniere perchè l'illecito loro rispettivamente ascritto non è stato ritenuto sussistente. Tuttavia, allo scopo di adottare tale formula di annullamento, è stata affermata la giurisdizione del Giudice Nazionale per i reati commessi in italia da società straniere prive di sede principale o secondaria in Italia.

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