Responsabilità 231 e cessione fraudolenta dell’azienda

NEWS, 28/07/2021

Le aziende trovano gli escamotage più vari per evitare di incorrere in sanzione, soprattutto quando le sanzioni possono comportare la paralisi dell’ente, come nel caso della responsabilità per fatto reato dell’ente.

Fra i tentativi più fantasiosi, da ultimo, vi è stato il caso di una impresa che, per evitare la contestazione 231, ha ceduto la propria attività ad altra impresa, sperando nell’estinzione dell’illecito stesso.

Ma la cessione dell’attività da parte di una impresa ad altra può comportare l’estinzione dell’illecito 231 contestato in capo alla cedente? e la cessionaria, che conseguenze subisce?

Sul punto si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione nella sentenza n. 25492 del 5 luglio 2021.

Nello specifico, il caso in questione vedeva quali protagoniste due scuole paritarie, nell’ambito delle quali venivano posti in essere, da alcuni dipendenti, una pluralità di delitti di falso ideologico consistenti nell’attestazione delle presenze degli studenti durante le ore di lezione, delle attività didattiche e delle prove scritte svolte dagli studenti iscritti.

In ragione di tali condotte, quindi, veniva contestata all’ente titolare dei suddetti istituti scolastici paritari, la fattispecie di cui all’art. 416 c.p. (Associazione per delinquere), reato presupposto dell’art. 24-ter (delitti di criminalità organizzata) del D. Lgs. 231/2001.

L’ente in questione, tuttavia, proponeva ricorso in Cassazione sostenendo la violazione dell’art. 27 (Responsabilità patrimoniale dell’ente) e dell’art.35 (Estensione della disciplina relativa all’imputato) del D. Lgs. 231/2001, alla luce del fatto che le condotte illecite non erano state poste in essere nel suo interesse o vantaggio, bensì nell’interesse e vantaggio del precedente ente che aveva poi ceduto tali attività al condannato e che, pertanto, doveva essere dichiarata l’estinzione dell’illecito.

In particolare la tesi difensiva sottolineava che non ricorrendo un’ipotesi di fusione, scissione o cessione d’azienda, i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere estinto l’illecito, prendendo atto che [OMISSIS] titolare degli istituti scolastici di cui si discute, risultava essere sciolto con decorrenza 22/12/2013, con mera devoluzione dei beni all’associazione ricorrente, stante la previsione statutaria di attribuzione del patrimonio residuo ad altri enti senza scopo di lucro e il generale divieto di ripartizione dei beni ai partecipanti ad un’associazione non riconosciuta”.

I giudici della Cassazione tuttavia, respingevano il ricorso, evidenziando innanzitutto che l’ente condannato ai sensi dell’art. 24-ter del decreto 231, era presente in giudizio non in quanto il reato era stato commesso in suo vantaggio ed interesse, bensì perché il precedente ente titolare dei due istituti scolastici, aveva fraudolentemente trasferito i suoi beni ad un diverso soggetto, in modo da non poter incorrere nella responsabilità degli enti ex decreto legislativo 231/2001.

A tal proposito la Suprema Corte affermava che “la soluzione è coerente con gli approdi della giurisprudenza di legittimità, la quale ha puntualizzato che l'estinzione dell'illecito previsto dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 consegue all'estinzione fisiologica e non fraudolenta dell'ente, giacchè solo nel primo caso ricorre un caso assimilabile alla morte dell'imputato. […] Proprio la finalità elusiva perseguita attraverso la cessazione dell'attività giustifica, in tale caso - ricorrente nella specie, secondo il motivato apprezzamento dei giudici di merito- l'applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 33 che prevede la responsabilità solidale del cessionario dell'azienda”.

Gli Ermellini, inoltre, aggiungevano che “In questo caso il legislatore individua il cessionario non come responsabile dell'illecito - che resta il cedente, ove ancora esistente come soggetto giuridico ma come solidalmente obbligato al pagamento della sanzione pecuniaria respingendo quindi il ricorso presentato dall’ente.

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