La responsabilità 231 e il fatto di reato

EDITORIALE, 29/08/2021

Ai fini della declaratoria della responsabilità dell’ente, quanto deve essere approfondito l’accertamento della responsabilità penale della persona fisica, nel caso in cui il reato presupposto commesso da questo ultimo sia andato in prescrizione?

Sul punto si è pronunciata recentemente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28309 del 21 luglio 2021.

Nello specifico, al presidente di una Società e ad alcuni Amministratori, veniva contestato, nei giudizi di merito, il reato di cui all’art. 2638 c.c. (Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza).

Il suddetto reato presupposto, inoltre, veniva contestato anche alla Società, ai sensi dell’art. 25-ter (reati societari) del d. lgs. 231 del 2001.

Nel corso del secondo grado di giudizio, tuttavia il reato presupposto di cui all’art. 2368 c.c. veniva dichiarato prescritto nei confronti del Presidente della Società e degli Amministratori.

La Società, invece, veniva condannata in secondo grado al pagamento della sanzione pecuniaria, sebbene ridotta da 80.000,00 euro a 45.000,00 euro.

Contro la sentenza di secondo grado proponeva ricorso in Cassazione la Società sostenendo sostanzialmente il vizio di motivazione della sentenza in quanto eccessivamente sommaria rispetto all’accertamento del reato presupposto, per poter fondare la conseguente responsabilità dell’ente.

Tale caso, quindi, ha offerto spunto alla Cassazione per trattare il tema della autonomia della responsabilità dell’ente rispetto a quella della persona fisica e del tipo di accertamento che deve essere operato.

A tal proposito, infatti, la Corte di Cassazione, ritenendo fondato il ricorso presentato dalla Società, dapprima ha ribadito il principio di diritto per cui: “l'autonomia della responsabilità dell'ente rispetto a quella penale della persona fisica che ha commesso il reato presupposto, prevista dal D. Lgs. n. 8 giugno 2001, n. 231, art. 8, deve essere intesa nel senso che, per affermare la responsabilità dell'ente, non è necessario il definitivo e completo accertamento della responsabilità penale individuale, ma è sufficiente un mero accertamento incidentale, purché risultino integrati i presupposti oggettivi e soggettivi di cui agli artt. 5, 6, 7 e 8 del medesimo decreto, tale autonomia operando anche nel campo processuale”.

Al contempo, tuttavia, richiamando sempre precedenti pronunce sul punto, ha specificato che "in tema di responsabilità degli enti, in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 8, comma 1, lett. b), deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l'illecito fu commesso che, però, non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto di reato".

Con ciò a voler significare che, sebbene le due responsabilità, quella della persona fisica e quella dell’ente siano autonome, anche in caso di prescrizione del reato presupposto, vi deve essere un accertamento che, se non può essere definitivo e completo, deve comunque essere idoneo, a livello incidentale, a fondare la responsabilità dell’ente.

Nel caso di specie, al contrario, la Suprema Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse proceduto all’accertamento dei reati presupposto in maniera del tutto “sommaria” - anche rispetto alle doglianze specifiche che erano state avanzate dalla Società - motivando in modo lacunoso ed eccessivamente sintetico la propria decisione.

Per questo motivo quindi, gli Ermellini hanno accolto il ricorso della ricorrente, argomentando che in tema di responsabilità degli enti, qualora il reato presupposto sia stato dichiarato prescritto, il giudice deve comunque procedere autonomamente ad accertare la responsabilità amministrativa dell’ente, dovendo tuttavia eseguire anche una verifica incidentale in merito alla sussistenza del fatto di reato.

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