La legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste: oltre la materia ambientale in senso stretto

EDITORIALE, 22/10/2021

La giurisprudenza torna a pronunciarsi sulla tematica della legittimazione a ricorrere innanzi al giudice amministrativo da parte delle associazioni ambientaliste.

Il profilo toccato tocca la tematica dei limiti entro cui questi soggetti possono invocare il giudice amministrativo: più in particolare, tali associazioni sono legittimate ad agire in giudizio per ottenere l’annullamento di atti illegittimi afferenti alle sole questioni ambientali in senso stretto oppure possono fruttuosamente contestare il contenuto di atti che attengono a questioni ambientali in senso lato?

Ebbene, pochi mesi or sono, la Sezione II del Consiglio di Stato – con sentenza Sez. II, 10.03.2021, n. 2056 – ha ricordato come “il concetto di tutela del bene ambiente deve intendersi in senso ampio, potendo comprendere ogni situazione idonea a cagionare un pregiudizio all'ambiente, quantunque in via diretta finalizzato alla tutela di interessi di natura più circoscritta o diversi; dunque, anche in riferimento a contestazioni rivolte ad atti di natura urbanistica […] è possibile riconoscere la legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, ogni qualvolta si deduca che tali atti sono idonei a compromettere l'ambiente”.

La sentenza si inserisce quindi nel solco di quell’orientamento volto ad ammettere la possibilità di esperire un ricorso avverso provvedimenti che travalicano i confini della materia ambientale in senso stretto, purché idonei a pregiudicare la qualità della vita in un dato territorio.

Pertanto, sulla scorta di questi principi, la legittimazione delle associazioni ambientaliste deve essere riconosciuta anche in relazione ad atti amministrativi afferenti a tematiche ambientali latamente intese.

Sul punto, la Sez. II del T.A.R. Milano, con sentenza 14.12.2020, n. 2491, ha infatti precisato che tali tematiche comprendono “la conservazione e la valorizzazione dell'ambiente, del paesaggio urbano, rurale, naturale e dei centri storici, intesi tutti quali beni e valori idonei a caratterizzare in modo peculiare ed irripetibile un certo ambito geografico territoriale rispetto ad altri, ed anche in considerazione della “compenetrazione delle problematiche ambientali in quelle urbanistiche”.

In tali casi, peraltro, la tutela dell’ambiente rimane comunque al centro dell’attenzione, rappresentando i due volti della stessa medaglia: da una parte, infatti, l’ambiente “costituisce inevitabilmente l'oggetto (anche) dell'esercizio di poteri di pianificazione urbanistica e di autorizzazione edilizia”; dall’altra parte, e specularmente, “l'esercizio dei predetti poteri di pianificazione non può non tenere conto del "valore ambiente", al fine di preservarlo e renderne compatibile la conservazione con le modalità di esistenza e di attività dei singoli individui, delle comunità, delle attività anche economiche dei medesimi”. 

Rispetto alle associazioni ambientaliste, si è venuto quindi a delineare un impianto pretorio che dimostra un certo favor nei confronti della legittimazione a ricorrere sotto il profilo del contenuto degli atti impugnabili, recentemente confermato dal Consiglio di Stato con la pronuncia richiamata.

Peraltro, tali principi si innestano su una previsione legislativa già di per sé favorevole rispetto alla legittimazione ad agire delle associazioni a protezione dell’ambiente, là dove – sulla base del combinato disposto tra gli artt. 13 e 18, co. 5 L. 897/1986 – è riconosciuta una legittimazione ad agire ex lege delle associazioni ambientaliste riconosciute, a prescindere da una valutazione caso per caso circa la sussistenza dei criteri elaborati dalla giurisprudenza per la tutela in giudizio degli interessi collettivi.

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