Il Garante della Privacy ha emesso un’ordinanza ingiunzione nei confronti di una società che non ha rispettato la disciplina del whistleblowing

Recentemente, il Garante della Privacy, ha sanzionato con un’ordinanza ingiunzione di 40.000 Euro, una società a cui erano state contestate diverse violazioni della disciplina sulla privacy, con riferimento in particolare all’ambito del whistleblowing e delle segnalazioni di illeciti da parte dei dipendenti dell’ente. La sanzione veniva applicata all’impresa, a seguito di una serie di attività ispettive svolte dall’Autorità ed a seguito delle quali, la stessa attuava un’istruttoria contro la società.
Nelle premesse dell’istruttoria, veniva specificato che la disciplina in materia di tutela del dipendente che segnala illeciti e la disciplina in materia di protezione dei dati personali (c.d. whistleblowing) - originariamente prevista solo per i soggetti pubblici, è stata integrata e modificata dalla legge del 30 novembre 2017, n. 179 (Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato), che ha introdotto una nuova disciplina in materia di whistleblowing riferita ai soggetti privati, integrando la normativa sulla responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001.
La prima censura effettuata dal Garante della Privacy, evidenziava il mancato utilizzo da parte dell’azienda, delle adeguate tecniche crittografiche per il trasporto e la conservazione dei dati, in quanto il protocollo di rete non garantiva la necessaria integrità e riservatezza dei dati scambiati tra “l’utente segnalante” e “l’applicativo” che li riceveva. In questo modo, non veniva apprestata l’adeguata cifratura delle informazioni, così come richiesto dall’ANAC nelle “Raccomandazioni sull’utilizzo di strumenti di crittografia end-to-end per i contenuti delle segnalazioni e dell’eventuale documentazione allegata”, presenti nelle Linee guida adottate con determina n. 6 il 28 aprile del 2015.
Con la seconda censura, l’Autorità contestava alla società, il fatto di avere adottato un sistema di firewall aziendale, che sostanzialmente registrava e conservava le informazioni relative alle connessioni dell’“applicativo”, con la possibile conseguenza di consentire la tracciabilità dei soggetti segnalanti e ponendosi in contrasto con le disposizioni del whistleblowing, che prevedono la tutela della riservatezza dell’identità dei segnalanti.