Il sequestro di fondi pubblici all'ente

Descrizione

Cass.Pen., sez. II, 7 luglio 2022, n. 26238

Con la sentenza del 7 luglio 2022, n. 26238, la Corte di Cassazione ha delineato i confini del sequestro preventivo, quale misura anticipatoria rispetto alla confisca nell’ambito dei procedimenti per accertare la responsabilità amministrativa dell’ente ex d.lgs. n. 231/2001.
Nel caso di specie, secondo quanto emergeva dall’impugnata ordinanza, le indagini alla base del procedimento in oggetto riguardavano l’esecuzione di lavori di bonifica e messa in sicurezza permanente di un ex discarica comunale, finanziati con fondi e contributi della regione Campania. Gli accertamenti tecnici svolti dal P.m. evidenziavano, secondo i giudici cautelari, numerose difformità tra il progetto e i lavori eseguiti, per le quali il Gip competente procedeva ad emanare decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta ai sensi degli articoli 240 c.p., 19, comma 1, e 53 d.lgs. n. 231/2001 in relazione al delitto di truffa ex art. 640 bis c.p.
In primo luogo il Collegio rileva che “per il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confisca (eventualmente anche per equivalente), e quindi, secondo il disposto di cui all’articolo 19 del d.lgs. n. 231/2001 dei beni che costituiscono prezzo e profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità, né il “periculum” richiesto per il sequestro preventivo di cui all’art. 231 cod. proc. pen., essendo sufficiente accertare la confiscabilità dei beni una volta che sia astrattamente possibile sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato”
Infatti, se è vero che la confisca prevista dal d.lgs. n. 231 costituisce una delle sanzioni a carico degli enti; il legislatore nel disciplinare le misure cautelari a carico degli stessi ha richiesto la verifica dei gravi indizi di responsabilità solo per le misure interdittive cautelari e non per il sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
Per quanto concerne, invece, il quantum del sequestro, finalizzato alla confisca-sanzione, prevista dagli articoli 19-53 d.lgs. 231/2001, è stata analizzata l’ipotesi in cui tale misura, dovendo avere ad oggetto il profitto del reato, vada a collocarsi all’interno di un’attività imprenditoriale lecita, come quella del caso di specie, esprimendosi in un rapporto di natura sinallagmatica. In tal senso il la Suprema Corte ha affermato che “non può ritenersi profitto del reato, e come tale non è legittimamente confiscabile, “il corrispettivo di una prestazione lecita…. regolarmente eseguita dall’obbligato”, benché nell’ambito di un rapporto contrattuale inquinato, nella fase di formazione o in quella di esecuzione, dalla commissione di un reato”. In tali casi il profitto si identifica con il vantaggio economico derivante dal reato “al netto dell’effettiva utilità eventualmente conseguita dal danneggiato, nell’ambito del rapporto sinallagmatico con l’ente”.

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