Cassazione penale, Sez. III, Sentenza del 30 marzo 2022, n. 11603

Descrizione

La conoscenza delle norme è un obbligo per chi esercita attività commerciale!

La Corte di Cassazione con la sentenza in commento ha ribadito l’obbligo, per coloro che esercitano determinate attività commerciali, di dovere conoscere le relative norme di settore, non potendo in tal contesto rilevare l’ignoranza della legge ex art. 5 c.p. quale scusante di un eventuale comportamento illecito.

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione riconosceva la responsabilità dell’imputato in ordine alla commissione del reato di gestione di rifiuti illeciti ex art. 256 del D.lgs. 152/2006. L’imputato era titolare di un’impresa che gestiva di fatto una autodemolizione senza avere la relativa autorizzazione, depositando presso la propria sede aziendale veicoli a motore, pneumatici usati, batteria e parti elettriche. L’imputato proponeva ricorso in Cassazione e, con particolare riguardo al secondo motivo di gravame, deduceva violazione di legge per insussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato. In tesi difensiva veniva sottolineato che l’imputato, in riferimento a fatti identici a quelli contestati, era stato mandato assolto in un precedente processo sicché il comportamento dell’imputato per i fatti contestati nel processo in corso erano sintomatici di un errore di diritto ex art. 47 c.p ricadente sulla nozione di rifiuto ovvero di una ignoranza della legge giustificabile ex art. 5 c.p.

La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ha osservato che il dovere di informazione in ordine alla conoscenza della legislazione vigente, è particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività. Ed invero, nel caso di specie, l’imputato non versava in una situazione di ignoranza inevitabile e nemmeno in un errore di fatto, poiché la precedente sentenza assolutoria riguardava una situazione di fatto già cristallizzata, totalmente diversa da quella oggetto del giudizio a cui era sottoposto. La Corte concludeva che l’imputato non poteva, ragionevolmente, ritenere che la precedente assoluzione andasse a ricoprire anche la realizzazione di un deposito incontrollato di rifiuti.

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