Inquinamento ambientale, reato anche se danno non è irreversibile

Descrizione

Cass. Sez. III, sent. del 27 aprile 2023, n. 17400

Ai fini dell’integrazione del reato di inquinamento ambientale, di cui all’art. 452-bis cod. pen., le condotte di deterioramento o compromissione del bene non richiedono l’espletamento di specifici accertamenti tecnici e, inoltre, ai fini dell'integrazione di detto reato, non è richiesta la tendenziale irreversibilità del danno.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17400/2023, pronunciandosi sull’integrazione del reato in parola da parte di una società di frantumazione e movimento terra. In particolare, si ravvisava il fumus dell’art. 452-bis cod. pen., sulla base della condotta posta in essere dalla società stessa, a seguito della scadenza delle apposite autorizzazioni. Si legge, in sentenza, che il reato di inquinamento ambientale identifica il bene materiale soggetto a protezione anche nel suolo o sottosuolo, il cui degrado deve interessare, come accertato nella specie, porzioni significative o estese del bene protetto.
I giudici sottolineano come il suddetto delitto quanto all’obiettività giuridica criminosa, è un reato di danno, cosicché esso è integrato da un evento di danneggiamento cagionato in forma alternativa (ossia con il deterioramento o la compromissione).

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