Spedizioni transfrontaliere di rifiuti: quale classificazione per i tessili frammisti?

EDITORIALE, 30/11/2020

Lo smaltimento dei rifiuti è da sempre un tema di grande rilevanza e, negli ultimi decenni, di pari passo con la globalizzazione del mercato, ha assunto una dimensione sempre più internazionale e complessa.

È noto, infatti, che i rifiuti prodotti nel nostro Paese aumentano di anno in anno e sempre più spesso vengono spediti oltrefrontiera per essere recuperati o smaltiti.

Ciò nonostante, la normativa relativa al trasporto transfrontaliero dei rifiuti contenuta nel Regolamento CE/1013/2006 è piuttosto complicata ed articolata.

Non è un caso, infatti, che benchè siano trascorsi ormai più di dieci anni dall’entrata in vigore del Regolamento, ancor oggi capita che coloro operano nel settore si scontrino con numerose incertezze.

Ne è un esempio la vicenda sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione, relativa alla procedura applicabile all’esportazione di rifiuti tessili misti a giocattoli, scarpe e borse dall’Italia verso la Tunisia e agli oneri che da essa discendono per i soggetti che organizzano la spedizione.

Ma facciamo un passo indietro e andiamo con ordine.

Il Reg. 1013/2006/CE prevede due distinte procedure documentali per il trasporto di rifiuti oltrefrontiera:

  • la procedura di notifica e autorizzazione scritte preventive (iter autorizzativo)[1];
  • la procedura con obblighi generali di informazione (iter informativo) [2].

La prima è più onerosa per il soggetto che organizza la spedizione in quanto prevede che egli adempia ad una serie di oneri documentali tra cui la trasmissione di una notifica scritta preventiva all’Autorità competente del Paese di spedizione e l’invio alle Autorità coinvolte di un documento di movimento con l’indicazione della data effettiva di inizio della spedizione.

Tale procedura è quella richiesta dal Regolamento[3] per il trasporto, tra l’altro, delle miscele di rifiuti, nonché dei rifiuti elencati nel suo allegato IV, la c.d. “lista ambra”

Al contrario, l’iter informativo è più semplice e richiede semplicemente la stipula di un contratto tra il soggetto che organizza la spedizione e il destinatario del carico in cui viene previsto l’obbligo di ripresa dei rifiuti in caso di problemi e la compilazione dell’Allegato VII  Reg. CE/1013/2006 le informazioni relative al carico di rifiuti.

Esso si applica, tra l’altro, alle spedizioni dei rifiuti elencati nell’allegato III del Reg. UE/1013/2006 (la c.d. “lista verde”) e tra cui rientrano i rifiuti tessili di cui al codice B3030 contenenti materiali quali lana, seta, lino, cotone, filatura, cascami, pettinacci, stoppe e altri purché non mescolati con altri rifiuti.

Ebbene, nel caso sottoposto alla Cassazione, l’impresa imputata effettuava spedizioni di rifiuti tessili misti a giocattoli, scarpe, cinture e borse verso il Nord-Africa, classificandoli tutti con il codice B3030 dedicato ai rifiuti tessili non pericolosi e applicando la meno onerosa procedura con obblighi generali di informazione.

E ciò sulla scorta del fatto che, secondo l’impresa, il Ministero dell'Ambiente consente l'impiego del codice B3030 anche in presenza di quantità minime di rifiuti di origine non tessile se queste:

  1. sono connesse a prodotti classificabili come "abbigliamento" (CER 200110) o "prodotti tessili" (CER 200111);
  2. non aumentano i rischi associati ai rifiuti tessili;
  3. non impediscono il recupero di questi in modo ecologicamente corretto.

Secondo l’impresa indagata, quindi, i rifiuti costituiti da borse, scarpe e giocattoli potevano essere legittimamente classificati come “tessili” e classificati con codice B3030.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32737 del 24 novembre 2020, confutava tuttavia tale ragionamento chiarendo che il carico spedito in Tunisia costituiva a tutti gli effetti una miscela di rifiuti:

  • in parte riconducibile all'Allegato III (“tessili non pericolosi”) e quindi trasportabili con procedura semplificata con obblighi generali di informazione;
  • e in parte riconducibili all'Allegato IV (scarpe e borse in cuoi e giocattoli in plastica), per cui è previsto il più oneroso iter autorizzatorio.

Infatti, la deroga in base alla quale è consentita la classificazione unitaria della frazione non tessile è circoscritta ai soli “rifiuti non tessili che fanno corpo con i rifiuti tessili”, ossia che ne costituiscono parte integrante, come ad esempio cerniere, bottoni, borchie e così via.

E ciò allo scopo di non danneggiare beni destinati al successivo riutilizzo che, dalla rimozione di tali parti, perderebbero di valore.

Per queste ragioni quindi, esclusa l’applicabilità della deroga rifiuti non tessili costituiti da scarpe, borse e giocattoli, gli Ermellini giudicavano la spedizione effettuata dall’impresa imputata come illegale in quanto realizzata con procedura semplificata e la condannavano per il reato di traffico illecito di rifiuti di cui all’art. 452-quaterdecies c.p.

Al di là della buona fede o meno dell’impresa e dell’esito del giudizio, ciò che va detto è però che in questo caso la normativa in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti si mostra in tutta la sua complessità, dovuta forse alla volontà di rendere uniforme a livello europeo una disciplina – quella dei rifiuti - connotata da profondissime differenze nei diversi Stati membri.

E ciò il più delle volte a discapito degli operatori del settore che, di fronte ad indicazioni del Ministero dell’Ambiente che si scontrano con quelle della Commissione UE, non sanno di chi fidarsi e finiscono per subire pesanti conseguenze sanzionatorie.


[1] Capo I, Art. 4 ss. Reg. 1013/2006 “Notifica e autorizzazione preventive scritte”.

[2] Art. 18 Reg. 1013/2006 “Rifiuti che devono essere accompagnati da determinate informazioni”.

[3] Art. 3 Reg. CE/1013/2006 recante “Quadro procedurale generale”.

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