PNRR e progetti faro: la necessità di superare lo stato dell’arte

EDITORIALE, 28/01/2022

Inserito nel programma Next Generation EU, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha previsto numerosi fondi da destinare ad interventi che mirano a realizzare le 6 Missioni condivise a livello europeo e ritenute fondamentali per la ripresa dell’economia nazionale.

Nella Missione n. 2 avente ad oggetto la “Rivoluzione Verde e Transizione ecologica” c’è una sezione (una “Componente”) deputata agli interventi finalizzati a favorire l’economica circolare (M2C1), nella quale è prevista una forma di Investimento (la 1.2) per la realizzazione di progetti “faro” di economia circolare. Per poter concretamente spendere le risorse stanziate dal PNRR, il 28 settembre 2021 il MITE ha adottato il decreto 397, con i quali sono stati dettagliati i criteri e le modalità di selezione dei progetti a cui assegnare i fondi alle imprese in relazione a diverse Linee di Intervento (A, B, C e D) afferenti al riciclaggio di diverse tipologie di rifiuti (RAEE, carta e cartone, plastica e tessile).

Il decreto in questione ha previsto che tutte le risorse saranno assegnate mediante procedure ad evidenza pubblica. Ed infatti, coerentemente con questa previsione, sono stati pubblicati sul sito del MITE gli avvisi di apertura delle procedure per le diverse Linee di Intervento.

Ecco che, come spesso accade nelle procedure di stanziamento di fondi, i requisiti di ammissione sollevano alcuni dubbi interpretativi che necessitano di essere sciolti per comprendere quale sia il contenuto del progetto da presentare.

In particolare, il decreto n. 397/2021 e gli avvisi relativi a tutte le Linee di Intervento richiamano la disciplina di cui al regolamento 651/2014 della Commissione in materia di aiuti di Stato, modificato nel 2021. E questo regolamento detta una disciplina degli aiuti di Stato che ha lo scopo di permettere ai governi dell’Unione europea di erogare somme di denaro pubblico alle imprese senza dover richiederne il preliminare permesso (attraverso un sistema di notifiche) alla Commissione europea, purché siano rispettati i requisiti di cui al regolamento stesso.

Più in particolare, è previsto che il Progetto, per essere ammissibile, debba rispettare i criteri dell’articolo 47 di questo regolamento, che prevede alcune condizioni. Brevemente sono le seguenti:

  • l’oggetto dell’investimento deve riguardare il riciclaggio e il riutilizzo dei rifiuti prodotti da altre imprese,
  • che gli investimenti non si possono limitare ad accrescere la domanda di materiali da riciclare senza potenziare la raccolta dei medesimi (comma 5);
  • gli investimenti vanno al di là dello «stato dell'arte» (comma 6) – stato dell’arte che viene definito come un “processo in cui il riutilizzo di un rifiuto nella produzione di un prodotto finale è prassi corrente ai fini della redditività economica”.
  • i costi ammissibili al finanziamento corrispondono ai “costi d'investimento supplementari necessari per realizzare un investimento che conduca ad attività di riciclaggio o riutilizzo rispetto a un processo tradizionale di attività di riutilizzo e di riciclaggio di analoga capacità che verrebbe realizzato in assenza di aiuti” (comma 7);
  • l'intensità di aiuto non supera il 35% dei costi ammissibili

Il principale problema sollevato a più riprese dagli operatori economici interessati ad accedere ai fondi ha riguardato il richiamo all’art. 47 nella parte in cui sembra prevedere che il progetto presentato debba andare oltre lo stato dell’arte e che debba comportare il superamento di un processo tradizionale.

Quindi una interpretazione restrittiva e rigorosa del richiamo all’art. 47 porterebbe ad ammettere solo progetti dotati di un livello di innovazione tecnologica tale da ritenere superato il processo tradizionale di riciclaggio del rifiuto.

Ad esempio, nelle FAQ del MITE, come aggiornate al 26 gennaio 2021, si legge che “il proponente deve:

  • quantificare l’investimento che intende realizzare, ossia un investimento che va oltre lo stato dell’arte.
  • quantificare un investimento di analoga capacità relativo ad un processo tradizionale. Per processo tradizionale si intende un processo normalmente utilizzato nel settore del riciclaggio (corrispondente a quello che è lo stato dell’arte);
  • la differenza tra questi due investimenti rappresenta il costo di investimento supplementare, ossia il costo ammissibile”.

Sicuramente non sono mancate le preoccupazioni, posto che si riduce inevitabilmente la possibilità di accedere ai finanziamenti.

In questo quadro, trattandosi di una condizione di ammissibilità del Progetto, il bando avrebbe potuto fornire dei parametri più chiari per meglio comprendere cosa sia il processo tradizionale con riferimento alla singola categoria merceologica di riferimento.

In assenza di una tale definizione, si potrebbe (e il condizionale è ovviamente d’obbligo) sostenere che tali concetti (stato dell’arte e processo tradizionale) vadano intesi in senso lato, risultando sufficiente anche un intervento che abbia quale risultato un miglioramento dell’efficienza del riciclaggio.

Forse questi elementi faranno sì che il concetto di stato dell’arte e processo tradizionale non vengano interpretati in senso così rigoroso, ma si tratta indubbiamente di un aspetto che ha fatto e farà ancora discutere molto.


 

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